
Massimo è un ibrido, una bella persona di talento, un ottimo esempio di design thinking (e abbiamo un profondo bisogno di quel modo di pensare in tanti ambiti).
Ha appena pubblicato (era già online a Settembre 2008 in logica open sul blog) in versione cartacea (italiana, inglese e spagnola) la sintesi della sua interessate tesi che tratta:
“come si possa utilizzare il design per sviluppare processi progettuali con/per un Sistema Comunità/Località (una comunità ed il proprio territorio) al fine di ottenere una attività collaborativa che generi iniziative di innovazione aperta e sociale (Open Innovation / Social Innovation). Il design quindi non come strumento estetico e formale ma come strumento organizzativo per la facilitazione (o metadesign) di sistemi, processi, progetti aperti“.
Le competenze e la ricerca che propone sono molto importani in una fase in cui l’evoluzione e diffusione dei social network sta creando nuove opportunità di gestire e produrre conoscenza (pensiamo solo all’Enterprise 2.0 o al co-design dei prodotti con i clienti, ecc.).
Massimo ha studiato il mondo dell’open source dove parte delle prassi collaborative 2.0 sono nate. A questo ha aggiunto la sinergia tra online e off line, tra network e territorio, tenendo conto delle logiche dei sistemi complessi che sottendono i processi emergenti bottom-up.
Forse ora è più chiaro perché lo ritengo un ottimo esempio di ibrido.
Il testo è ricco di links per approfondire e rappresenta una buona introduzione, poi se si vuole entrare più in profondità bisogna leggersi la tesi.

Qui per scaricare il PDF di Design for Complexity