Il libro di Andrea Granelli e Lucio Sarno è un interessante tentativo di indagare come lo sviluppo e la diffusione dell’ICT, in relazione alla banda larga, sia così complessa da necessitare una sempre maggiore competenza sul sistema utente in tutti i suoi livelli sociali, culturali e in particolare psicologici. Mi sembra che questo valido libro confermi delle riflessioni che anch’io porto avanti da anni.
Da un lato, come il Web 2.0 insegna, una maggiore competenza sull’utente permette di “spremere” la tecnologia che già abbiamo, senza dover investire e rischiare in innovazioni tecnologiche difficili e costose. A posteriori sembra tutto semplice, ma non è banale reinterpretare l’interazione, secondo una visione più sistemica, in cui l’utente è un soggetto più attivo e ricco di processi emergenti, di auto-orrganizzazione sui quali “agganciarsi” per progettare interfacce e prodotti più completi. Per fare questo è necessario andare oltre la miopia di una competenza solo specialistica, “verticale” integrandola con una visione più completa, “orizzontale”, transdisciplinare. Da un certo punto di vista, questo nuovo margine di reinterpretabilità della tecnologia già nota e collaudata, per lo sviluppo di nuovi prodotti, servizzi non è legato solo al web ma tocca molte altre tecnologie. Per esempio, il Wii della Nintendo a mio parere è una idea vincente che si basa sul medesimo processo di messa a fuoco dei possibili agganci dati dal sistema utente. Si potrebbe parlare di una Immersione 2.0 ma ne parlerò in un altro post.
Altro fattore imporante della rivoluzione digitale in atto è la progressiva emersione della Psiche, non a caso, uno dei due autori, Lucio Sarno, è uno psicoanalista. Ho già avuto modo di introdurre questo argomento, in relazione ai possibili scenari di sviluppo del virtuale, in questo post sul mio intervento a Frontiers of Interaction III. Su questo versante si potrebbe sintetizzare dicendo che, l’ergonomia cognitiva non basta più ma si rende sempre più necessario e utile anche approccio psicodinamico, cioè che sappia scovare anche nelle dinamiche più profonde, emotive, pulsionali, immaginali validi punti di “aggancio” per lo sviluppo di prodotti e nuove tipologie di markting e comunicazione.
Infine c’è l’impatto culturale e sociale dell’ICT e della banda larga che plasmando a grande velocità, il nostro modo di socializzare, di raggiungere, produrre e condividere conoscenza (vedi società della conoscenza), di sviluppare una identità sociale diffusa, crea nuove metafore, valori, desideri nell’immaginario collettivo sempre più affamato di nuove metafore per la urgente necessità interpretare questa veloce e complessa realtà. Nuove Culture di Interazione da saper anticipare grazie ad un attento occhio psicosociale che non sempre le aziende hanno la capacità di fare proprio e al più delegano alla consulenza. Io credo che per fare innovazione oggi non abbiano più senso certe distanze, distinzioni e deleghe certe competenze devono divetante parte integrante delle aziende, in team veramente ibridi e non solo di facciata. Perché non ci si può più permettere di dilatare i tempi, di delegare le numerosissime competenze necessarie oggi che sin da principio devono “impollinare” le idee e intuizioni che daranno origine a nuovi prodotti e servizzi. Chi ha il coraggio di farlo?
Per concludere credo che Andrea Granelli proponga un ottimo punto di vista, rispetto il suo coraggio di aver scritto un libro del genere con un analista, e lo seguiro con molto interesse.