Vi propongo una riflessione sui possibili sviluppi di programmi per la rappresentazione, organizzazione e condivisione della conoscenza partendo dalle tradizionali e utili mappe mentali e concettuali.
Le mappe mentali e le mappe concettuali sono utili modi di rappresentare graficamente saperi e conoscenze per facilitarne la comprensione, l’analisi, la comunicazione e condivisione.
Le mappe mentali, ideate negli anni ’60 da T. Buzan, partono da un concetto, da una parola, da un insieme, da una idea base e si dipanano in modo radiale aggiungendo di volta in volta altri concetti, parole e idee legati tra loro secondo una logica associazionista.
Le mappe concettuali, anch’esse sviluppate negli anni ’60 ma da J.D. Novak, si differenziano dalle mappe mentali in quanto, la strutturazione delle informazioni è di tipo reticolare e non gerarchico, la logica organizzativa che la sottende è di tipo connessionista e non associazionista come nelle mappe mentali. Diciamo molto semplicemente che nelle M.C. si crea una rete di connessioni (specificate da etichette di spiegazione) tra concetti mentre nelle M.M. si parte da un concetto centrale e si allarga in modo gerarchico e radiale per associazioni. Le M.M. e le M.C. sono tradizionali strumenti di gestione della conoscenza, che possono risultare molto utili nelle organizzazioni e nel Personal KM.
Queste mappe sono nate per il supporto cartaceo ma naturalmente hanno avuto un notevole sviluppo mediante la diffusione dei computer, tecnologia che si presta allo all’esaltazione e potenziamento di questo strumento. Il computer rispetto al supporto cartaceo permette di sviluppare mappe molto più complesse, articolate, ordinate e modificabili ma fondamentalmente la logia di fondo è la stessa delle vecchie mappe.
Vi sono in commercio diversi e validi programmi per lo sviluppo di mappe mentali e concettuali più o meno complesse. Questi programmi rendono molto semplice e immediata la costruzione di mappe, incentivandone così la usabilità, integrando in pochi passaggi diversi formati di file e informazioni, accrescendone la facilità di condivisione. La diffusione e abitudine a questi strumenti risultano molto utili quando sono integrati in gruppo con una avanzata cultura interna di KM. Non dimentichiamo, infatti, che lo strumento in sé non basta se manca una cultura di interazione con esso che permetta di sfruttarlo al meglio. Il rischio infatti è quello di vedere il ripetersi di vecchi logiche organizzative su nuove tecnologie. Questo vuol dire perdere l’occasione di innescare un circolo virtuoso tra KMT (Knowledge Management Technology) e utente che oggi è più simile ad una reciproca influenza e co-evoluzione.
Questo processo risulta ancora più vero quando si parla di KMT e non di tecnologia in generale. Bisogna, infatti, chiedersi non solo cos’è materialmente e praticamente una mappa mentale/concettuale ma anche cos’è psicologicamente?
Se per un attimo ci spostiamo all’interno del sistema psiche e osserviamo le mappe da questo punto di vista, la prima cosa che notiamo è che si tratta di una forma di memoria ausiliaria. Un supporto alla nostra capacità di riconoscimento, rievocazione, ecc.. Questo supporto ai nostri limiti di memoria serve a compiere analisi, valutazioni, controlli, feedback, soluzioni, problem solving con più efficacia in senso sia verticale che orizzontale.
Dal punto di vista interno al sistema psichico, una mappa mentale è una forma di “mente diffusa”. Voglio dire che le mappe mentali o concettuali sono strumenti che ricalcano la nostra organizzazione dei pensieri, ampliando la nostra capacità di memoria fissando i concetti graficamente in un insieme visibile nella sua totalità con un colpo d’occhio e potenziando la nostra possibilità di sintesi mediante l’uso di un linguaggio visivo. Niente di nuovo sotto il cielo, già la scrittura è uno strumento che raccoglie, conserva e rende condivisibile gli “oggetti” della nostra mente; le mappe sfruttano la maggiore capacità di sintesi delle immagini e della grafica ricalcando l’economia organizzativa che la mente ha sviluppato nella sua evoluzione.
Un possibile scenario di sviluppo di questi supporti alla nostra conoscenza e comunicazione è dato dalla creazione di mappe sempre più autonome, dinamiche e capaci non solo di fissare e sintetizzare una complessa rete di pensieri, associazioni, fattori, cause, processi, ecc. ma anche di produrre feedback sempre più significativi, ricchi, autonomi e imprevisti.
A mio parere sono tre i principali i versanti su cui sviluppare le mappe del futuro:
- snelli sistemi esperti e A.I. per produrre piccoli processi di auto-organizzazione;
- la grafica per descrivere sistemi complessi dinamici e adattivi, attrattori, frattali (vedi interessanti esempi nel sito visualcomplexity);
- il fattore emotivo.
L’ipotesi di scenario è quella di passare dalla fase in cui le mappe mentali e concettuali sono prolungamenti, supporti per la nostra mente ad una seconda fase in cui le mappe cominciano ad avere una maggiore autonomia e a comportarsi come piccole e semplici forme di cognizione, di auto-organizzaizone.
Quello che si può iniziare a chiedere alle mappe di nuova generazione, oltre alle loro tradizionali funzioni, è quello di accrescere la loro autonomia di elaborazione dei dati per produrre dei feedback che alimentino un circolo virtuoso di reciproca in-formazione e influenza tra software e utente. Le mappe del futuro devo crescere con l’utente aiutandolo e imparando insieme a lui. In particolare, per il Personal KM, può diventare utile un sistema di “mappatura” integrato al sistema operativo del PC che cerchi di utilizzare più informazioni possibili per produrre una rappresentazione del nostra quotidiana gestione delle informazioni e conoscenze (e-mail, contatti, progetti, argomenti, significati, links, ecc., ecc.).
Un altro versante su cui sviluppare le future mappe è quello di poter agire più approfonditamente sulle regole di organizzazione delle connessioni, delle variabili stesse che sottendono la rappresentazione di una sapere che sarà più dinamico, mutevole e multipolare.
Un’altra componente potrebbe essere un maggiore coinvolgimento e rappresentabilità del fattore emotivo che sottende la nostra organizzazione della conoscenza, delle scelte e dei comportamenti. Sottesa alla razionalità delle nostre strategie e analisi, c’è un campo di fattori emotivi che non sono sempre così espliciti e uno dei possibili obiettivi delle future mappe sarà proprio quello di fornirci una funzione di “specchio” del nostro modo di pensare e comportarci.
La psiche è un sistema ipercomplesso, emergente dal sistema nervoso e senso-motorio. I recenti sviluppi delle neuroscienze, delle scienze cognitive (integrate con le più valide intuizioni della psicologia dinamica) stanno dando vita ad un terreno fertile di aggiornate teorie della mente e nuovi modelli di organizzazione del sistema psichico da cui l’A.I. e robotica sta pescando a piene mani (vedi per esempio all’CSAIL ma non solo). Sono convinto che si possa iniziare seriamente ad investire sullo sviluppo di software con cui interfacciarsi i quali, senza particolari potenze di calcolo e A.I., possano mostrare una sufficiente autonomia nel produrre feedback significativi e che facilitino la nostra gestione e produzione di conoscenza.
Sappiamo che non ha senso commercialmente un programma di KM troppo complesso e pesante, come riuscire allora a creare un programma sufficientemente “intelligente” ma a costi e dimensioni accettabili per un PC?
Come sta avvenendo, per esempio, anche per lo sviluppo di Assistenti Virtuali sempre più smart dal punto di vista della comunicazione e della intelligenza emotiva, il punto di è partire da una profonda conoscenza della psicologia e della comunicazione reale. Le maggiori conoscenze scientifiche sul “sistema utente” permettono di ridurre il numero di informazioni necessarie al “sistema software” per interagire in modo coerente. La crescente conoscenza dei processi, dei vuoti, gli automatismi e degli schemi universali di organizzazione della comunicazione, o in questo caso, della organizzazione della conoscenza può compensare le ridotte possibilità di calcolo.
Dopo tutto, non c’è niente di più pratico che partire da una buona teoria.
Vedi www.visualcomplexity.com e “Design dell’informazione” (di Massimo Botta) per la rappresentazione di sistemi complessi.
Questo articolo è pubblicato anche su Idearium