Prototipare per affrontare la complessità

In questo breve video di 6 min circa Tom Wujec ci mostra come, attraverso un semplice esercizio di team-building, un gruppo di bambini può funzionare meglio di un gruppo di studenti di economia. Tra i vari spunti emersi dallo speech trovo interessante che difronte ad uno scenario nuovo, ricco di imprevisti per un gruppo di lavoro è meglio adottare una strategia di “navigazione a vista” rispetto ad una eccessiva pianificazione.

Non si tratta di perdere coordinazione e prospettiva ma di organizzare il gruppo in modo da adottare una prassi pragmatica dove soluzione e simulazione convergono mediante l’uso di cicli di prototipi (loop di feedback e azione).

Spesso in scenari complessi ad elevata imprevedibilità non c’è il tempo di accumulare una sufficiente conoscenza per poter “determinare” con la desiderata sicurezza gli eventi. Meglio innescare pratiche di continua beta, dove l’errore è necessario, un valore e non un rischio per il gruppo e il progetto.

Essere in continua beta (o come lo si vuole chiamare) non vuol dire rimandare continuamente un definitivo ma inserirlo in un ciclo di costante evoluzione del prodotto e del team. Sempre più spesso si lavora in contesti, scenari e a progetti simili a complessi ecosistemi in continua evoluzione, diventa quindi vantaggioso abbandonare logiche e metafore più meccanicistiche e lente. Ovviamente emergono nuove competenze, figure professionali, strategie, prassi, strumenti e modi di gestire il ciclo di vita di progetti, comunicazione, prodotti, ecc..

Un conto è lavorare sulle emergenze come espressione di rigidità e lentezza, altra cosa è passare da una logica deterministica della pianificazione meccanica e lineare ad una logica del fluire con gli eventi imprevedibili, veloci e numerosi. C’è insomma un “navigare a vista” subìto ed uno scelto che portano a risultati diversi.

Come si passa dal manipolare al fluire?

Domanda complessa che merita un post a parte.  Non è tanto il frequente ritardo nel capire il contesto in veloce evoluzione che frena il cambiamento, quello è più un sintomo che una delle cause.  Più a fondo c’è una diffusa mancanza di strumenti e prassi nei team per essere consapevoli del proprio ordine, logiche, scale di valori, limiti, forze e abitudini interne.

La complessità è sfidante e come uno specchio costringe a rivolgere lo sguardo verso l’interno per poter tornare a ricostruire un mondo.

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5 pensieri su “Prototipare per affrontare la complessità”

  1. interessante il tuo lavoro sulla complessità!

    forse ti può interessare il ciclo di seminari che abbiamo organizzato
    come laboratorio Label Cattid dell’Università Sapienza di Roma
    presso l’istituto ISCOM al il Ministero dello sviluppo economico.

    se vuoi info le trovi a questo indirizzo:

    http://www.isticom.it/index.php/archivio-evidenza/2-articoli/175-complexity-education-introduzione-al-pensiero-complesso

    buon lavoro!

    valerio eletti, direttore scientifico del Label

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  2. .. altra segnalazione:

    credo che siano molto adatti alle cose che scrivi
    due libri usciti di recente in Italia:

    Paolo Magrassi, Difendersi dalla complessità, Franco angeli Ed.

    e Alessandro Cravera, Competere nella complessità, Ed Etas

    buona lettura! valerio

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