Design Motivazionale: Usabilità Sociale e Group Centered Design

 

Poco più di un anno fa io e Davide Casali proponevamo un primo documento Elementi Teorici per la Progettazione dei Social Network che rappresentava una introduzione ai Social Network, alle conoscenze base per comprenderli ma soprattutto l’inizio di una prospettiva attenta alle dinamiche emotive che li sottendono.

Oggi, dopo l’esperienza accumulata sul campo, i feedback ricevuti e le ulteriori ricerche fatte proponiamo qualcosa di molto più importante e significativo: una metodologia di analisi e progettazione delle dinamiche motivazionali che alimentano i Social Network.

La nostra metodologia si chiama: Design Motivazionale

Affrontiamo di petto la sfida di questo nuovo, crescente e rivoluzionario mondo e mercato entrando nel merito di quei meccanismi che motivano la partecipazione, la collaborazione, la produzione di contenuti tramite incentivi intrinseci e dinamiche bottom-up.

La nostra proposta metodologica si fonda su quattro concetti chiave:

1. Bisogni Funzionali: gli obiettivi di progettazione rivisti in chiave di necessità.
2. Usabilità Sociale: l’usabilità rivista in dinamica sociale (partendo dalla definizione di Nielsen).
3. Motivazioni Relazionali: il concetto di motivazione rivisto in chiave relazionale (one-to-one e sociale).
4. Flusso di Attività Circadiano: ovvero le attività abituali delle persone durante la giornata.

Fra queste, le componenti caratterizzanti sono, come intuibile, Usabilità Sociale e ancora più Motivazioni Relazionali. La prima definisce quattro proprietà RICE: Relazioni interpersonali, Identità, Comunicazione ed Emergenza dei gruppi, mentre la seconda quattro motivazioni CECA: Competizione, Eccellenza, Curiosità, Appartenenza.

Il Design Motivazionale si applica sia ai Sistemi a Social Newtwork presenti nel Web che alle Intranet e Community Aziendali che vogliono sfruttare le nuove prassi collaborative che si sono evolute nel Web 2.0 (l’ormai nota Enterprise 2.0).

Ma qui, come avrete modo di scoprire, non proponiamo nessun discutibile “copia e incolla” dal Web all’Azienda, il nostro modello mette al centro le persone, le loro motivazioni e non le piattaforme.

Ecco quindi il documento, disponibile sotto licenza Creative Commons by-sa 2.5 (ITA):

  • in formato PDF, versione 1.0 (700kb)
  • sul Wiki di Bzaar.net per l’editing collaborativo
  • qui su Scribd
  • sul post parallelo di Davide, dove vi fornisce il suo punto di vista

23 pensieri su “Design Motivazionale: Usabilità Sociale e Group Centered Design”

  1. Complimenti!
    Ho avuto modo di guardarlo solo di fretta, con più calma lo leggerò e sicuramente ne scriverò nel mio blog a riguardo come già feci con “Elementi teorici….”.

    Per il momento comunque complimenti per la grafica, per la struttura del documento (l’idea del glossario è ottima) e soprattutto per la strategia di distribuzione davvero completa!

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  2. Vi ringrazio: l’ho scaricato ed adesso passo allo studio (più che alla lettura). Mi fa piacere constatare come il web possa permettere la creazione e la diffusione di opere che permettano la diffusione di una conoscenza condivisa.

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  3. Ho finito ora di leggere le prime 25 pagine. Devo dire che è un ottimo punto di partenza per approndire il mondo dei social network.
    Ne parlerò durante una lezione universitaria che avrò domani e spero di portarvi ulteriori punti di vista e approfondimento su cui confrontarsi..

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  4. Primo commento: in un panorama intellettuale come quello italiano caratterizzato da stipsi cerebrale e bloggite superficiale acuta è sicuramente un fatto positivo che qualcuno provi a cimentarsi con un problema di complessità non banale come lo sviluppo di una metodologia di progettazione dei social network. Complimenti genuini per il coraggio.

    Ad una prima veloce lettura ci sono alcuni aspetti di fondo che mi lasciano perplesso nel vostro lavoro.

    1. La definizione di social network. Perché utilizzare la definizione:

    “Si tratta quindi di un insieme di individui (nodi) che sono
    collegati fra di loro da un qualche tipo di relazione (Wikipedia, Social
    Network)”

    molto tecnica, proveniente dalla teoria dei grafi, e infatti adottata da chi è impegnato nell’analisi quantitativa delle reti sociali. Perché non utilizzare quella proposta da Danah Boyd:

    “We define social network sites as web-based services that allow individuals to (1) construct a public or semi-public profile within a bounded system, (2) articulate a list of other users with whom they share a connection, and (3) view and traverse their list of connections and those made by others within the system. The nature and nomenclature of these connections may vary from site to site.”

    http://jcmc.indiana.edu/vol13/issue1/boyd.ellison.html

    La Boyd può non stare simpatica, e a me non lo è certamente, però la precedente definizione è divenuta un riferimento de facto ed, aggiungo, anche per valide ragioni. Volendo non utilizzarla bisognerebbe spiegare perché. Non menzionarla nella bibliografia è comunque una mancanza.

    2. Ormai si sta consolidando un filone di pensiero, il “Social Design”, nato nella pratica di chi si è trovato ad affrontare il problema della progettazione dei social network. Alcuni dei “practioners” più conosciuti in questa area sono Joshua Porter e Adrian Chan. Dal punto di vista di chi deve realmente progettare un social network le loro pubblicazioni sono molto più “actionable “ e rendono alcune parti del vostro lavoro obsolete. Basti pensare all’introduzione del libro di Joshua Porter relativamente al superamento del paradigma dell’interazione uomo-macchina da voi utilizzato. Di nuovo risalta la mancanza di tali riferimenti nella bibliografia .

    3. Trascurare l’aspetto di classificazione dei social network porta ad una genericità delle modalità di progettazione. Una classificazione importante è quella che vede i social network divisi in due grosse aree: quelli generici e quelli legati ad un “social object “ (http://www.zengestrom.com/blog/2005/04/why_some_social.html). Quest’ultima segmentazione è stata proposta da Jyri Engeström, antropologo e fondatore di Jaiku. Scegliere un social object come elemento pivotale di un social network ha delle implicazioni non banali sulla progettazione.

    4. L’approccio e gli use case proposti nella sezione del Group Centered Design rivelano che non vi siete mai confrontati nella pratica con questo tema: la gestione delle norme sociali sottese all’amministrazione di un gruppo è l’aspetto più complesso ed è totalmente assente nella vostra trattazione.

    5. Le implicazioni sociali e impreviste derivanti dall’utilizzo non accorto degli strumenti a disposizione nei social network per la gestione della Privacy sono totalmente assenti nel vostro lavoro. Vi rimando ad un recente video di Clay Shirsky che presenta quanto avvenuto ad un utente avendo cambiato il proprio status da engaged a single in Facebook. L’ironia della sorte ha voluto che questa persona fosse una ricercatrice nel settore dei social media. http://www.youtube.com/watch?v=LabqeJEOQyI&eurl=http://hetypesshetalks.com/2008/09/23/web-20-expo-clay-shirkey-keynote/

    Considerazione finale: i commenti precedenti sono un tentativo di dare contributo fattuale e degli spunti di riflessione per la prossima versione del lavoro da parte di chi si confronta nella quotidianità con i problemi legati alla progettazione di un social network.

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  5. Non può che farmi piacere che una figura senior come la tua si sia preso la briga di leggerci e commentarci, grazie.

    Sono molto interessato, come credo anche Davide, che mi auguro presto commenterà anche lui, a instaurare un dialogo costruttivo con te e sugli interessanti stimoli di autori e modelli che ci proponi.

    A mio parere il primo punto che ci indichi contiene un fraintendimento che poi si esplica anche nei punti successivi.
    Come avevamo già cercato di spiegare, con forse maggiore completezza, nel primo e più generale documento (Elementi Teorici per la Progettazione dei Social Network) ci teniamo a distinguere una definizione generale di Social Network (rete sociale) da i Sistemi a Social Network del Web o meno (per semplicità chiamati ormai da tutti SN e basta) proprio perché il punto di vista che proponiamo, e le competenze cui facciamo riferimento, ci collocano in una “terra di mezzo” che non è riducibile alla nicchia dei designer specifici ma nemmeno inquadrabile del tutto in standard accademici che hanno certi vincoli e parametri.

    Io mi accosto a questo ambito complesso e in continua evoluzione in quanto psicologo e in quanto psicologo (in una logica di continua beta, come sono anche i nostri documenti) ho a che fare con il social network design. Ci penserà poi Davide a definirsi meglio.

    In questo senso abbiamo utilizzato una determinata definizione di SN più ampia all’interno della quale c’è poi un insieme più ristretto che è quello dei Sistemia a SN del Web e nell’ambito aziedale.

    Ora, ci rendiamo perfettamente conto che nel momento in cui proponiamo una “indicazione di rotta”, non di certo un punto di arrivo metodologico, dobbiamo fare i conti con tutti quegli autori di nicchia che in parte conosciamo ma non tutti (la coda è molto lunga) e quindi siamo interessatissimi e aperti a crescere.

    Il nostro documento non vuole essere esaustivo, ci sono molti temi che non abbiamo avuto tempo ed energie di inserire e approfondire. In prospettiva cercheremo sicuramente dati a sostegno del nostro modello (problema che hanno un pò tutti in un ambito così complesso) e stiamo lavorando in questa direzione.

    Detto ciò, con l’idea di instaurare un dialogo costruttivo, in che senso il nostro modo di affrontare l’interazione uomo-macchina è obsoleto? Sarebbe interessante entrare nel merito dei punti che hai sollevato, per scoprire magari che pur non citando certi autori non eravamo così distanti o forse ci siamo espressi in modo troppo sbrigativo o più semplicemente ben venga una conoscenza che non abbiamo che tu puoi condividere.

    Il rischio è quello che in base a chi ci legge, l’accademico o il designer ci legga solo utilizzando i suoi parametri e autori di riferimento mettendo in atto un processo di riduzione del nostro punto di vista che è volutamente “ibrido”.

    Per esempio, non mi stupisce che non hai toccato i fattori più strettamente psicologici che abbiamo sollevato ma ci mancherebbe altro, ciascuno con le sue competenze guarda all’oggetto di studio, analisi e progettazione in base alle proprie conoscenze e attitudini. Quello che può essere invece utile e interessante per tutti è, dialogando magari più nello specifico, di trovare un linguaggio comune e un arricchimento reciproco.

    So benissimo che rispetto ad un professionista della tua esperienza abbiamo molto da imparare ed è con questa attitudine che mi pongo con la speranza di approfondire e crescere nel confronto.

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  6. In qualunque attività di progettazione esplicitare il punto di vista da cui si parte è fondamentale: se capisco bene alla fine voi proponete una metodologia di progettazione dei social network che partendo da considerazioni di interazione sociale nei gruppi comunque alla fine porta ad una progettazione integrata con gli aspetti tecnologici. Anche il lessico ed il processo ipotizzato nelle figure del documento non lasciano margini di interpretazione: Specifiche, Bisogni Funzionali, Rilascio, … Questa è la ragione per cui ho menzionato la definizione di Danah Boyd, che comunque sicuramente non ha un’estrazione di tipo tecnologico con un curriculum fondamentalmente accademico.

    Riguardo al commento sull’interazione uomo-macchina volevo mettere in evidenza l’enfasi tradizionalmente posta da questa disciplina a modelli di interazione in cui ad un input dell’utente corrispondeva un risposta, magari inserita all’interno di un workflow complesso, ma sempre definita a priori nella macchina. L’enfasi ora soprattutto nelle applicazioni web per il mondo consumer si sta spostando con non poche difficoltà sul design dell’interazione tra le persone. Dove sono le difficoltà? Semplicemente non siamo abituati a progettare avendo chiari i meccanismi sociali d’interazione tra persone e le loro motivazioni. Se hai dubbi prova a rispondere alla seguente domanda: fai il nome di due interaction designer che abbiano progettato per davvero due social network in Italia. Non è neanche casuale che le rappresentazione grafiche dell’HCI dipingano sempre l’icona di un computer e di una persona tra di loro connesse da una freccia bidirezionale. Non ho mai visto una figura ad alto valore simbolico che catturasse l’idea di HCI con un gruppo di persone che interagiscono tra di loro supportate dalla macchina.

    Non sono sicuramente un sociologo ma ti posso assicurare che uno dei cardini del pensiero su cui si basa il mio lavoro sui social network è rappresentato “The Presentation of Self in Everyday Life” di Goffman
    e dai materiali di Judith Donath del MIT. I commenti da fare erano tanti e non volevo sembrare pedante e tantomeno proiettare un senso di negatività. Mi sembrava che quello sulla privacy fosse di per se rilevante abbastanza.

    Curioso comunque di vedere le prossime stesure del lavoro.

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  7. La prendo un po’ larga perché credo che il problema principale sia la necessità di trovare un dizionario comune con cui parlare. A costo di essere un po’ pedante faccio un passo indietro, perdonatemi.

    Esplicitare il punto di vista è fondamentale, in effetti questo è stato un problema non affrontato forse con la dovuta attenzione: un punto chiave nella stesura del documento è stata la differenza fra “social network” e “sistemi a social network”, ove:
    1. Social Network: è la rete sociale, intesa nel senso psicologico e sociale, indipendente dal canale di comunicazione (fisico, digitale, etc)
    2. Sistema a Social Netowkr: è un sistema hw o sw che fa uso in una qualunque misura di dinamiche da Social Network, ma non necessariamente fondato su un Social Network.
    A questo si aggiunge, non esplicitata nel documento (e probabilmente causa di molte incomprensioni, ora capisco):
    3. Social Network Sites: la definizione di Boyd sopra, che è una delle possibili formulazioni.
    Curiosamente uno dei testi suoi che ho avuto modo di leggere è proprio quello da te segnalato.

    Perché partire da questa distinzione? Perché sono a mio avviso tre livelli (in realtà due, 1 e 3) che implicano 3 prospettive differenti. In Design Motivazionale abbiamo infatti cercato di staccarci da 3, per concentrarci su 1 e 2. C’è stato forse l’errore di esserci limitati a scriverne solo due righe nell’Introduzione e di essere stati poco rigorosi nel tracciare questa distinzione lungo tutto il testo.

    Questo tipo di differenza è a mio avviso cruciale: perché un Social Network Site di fatto usa logiche da Social Network. Ovvero è l’applicazione pratica in un contesto specifico e con una tecnologia specifica di un ambito della conoscenza più ampio.

    Il motivo quindi per cui non trovi l’approccio concreto e già oggetto di ampi studi che è quello che scaturisce dalla scelta di una definizione alla Boyd è che noi volevamo dare un taglio differente (riteniamo sia questo il valore di DeMo: conoscenza trasversale), nei limiti del possibile indipendente dall’aspetto tecnologico, che come giustamente fai notare è spiegato molto meglio altrove.

    Questo non significa che non siamo interessati, che non ne siamo a conoscenza o che non abbiamo esperienza sul campo: significa che non era il taglio che volevamo dare (dall’altro lato non significa neppure che siamo al livello delle persone che citi, personalmente la mia professionalità è ibrida, non verticale).
    Da qui nasce un po’ l’assenza di casi di studio, l’assenza di elementi chiave come la privacy (quello di Facebook era un caso che avevamo rilevato anche noi, davvero emblematico come esempio), l’assenza di questioni più concrete come la gestione delle norme sociali sottese all’amministrazione di gruppo (in quest’ultimo caso mi interesserebbe particolarmente approfondire, perché il tassello mancante è come passare da esperienza personale a metodologia divulgativa). Insomma, tutti i problemi che hai rilevato.

    Trovo i tuoi spunti molto importanti perché come giustamente concludi guideranno la possibile evoluzione futura del documento, allargandone un po’ lo scope (più facilmente, aggiungendo sezioni e capitoli, in modo da non mischiare approcci e fasi distinte).

    Spero quindi in una occasione per poterne parlare più esaustivamente in futuro. 🙂

    Se hai tempo, fra i vari temi che hai toccato mi interesserebbe forse prima di tutto capire come mai hai avuto la percezione che il nostro approccio HCI fosse meccanicistico (computer-persona) e non dialogico (come preferisco chiamarlo io in certi contesti).

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  8. Non ho capito la definizione di “Sistema a Social Network”:

    2. Sistema a Social Netowkr: è un sistema hw o sw che fa uso in una qualunque misura di dinamiche da Social Network, ma non necessariamente fondato su un Social Network.

    dove la definzione di Social Network è:
    1. Social Network: è la rete sociale, intesa nel senso psicologico e sociale, indipendente dal canale di comunicazione … .

    E comunque se per qualunque ragione si ritiene che questa definizione si differenzia dalla terza di Danah Boyd, bisognerrebbe spiegare le differenze e il valore che questa nuova definizione porta.

    Forse qualche esempio di che cosa è un “sistema a social network” e di che cosa non lo è aiuterebbe a capire il contesto altrimenti la definizione rischia di sembrare fine a se stessa. Se poi pensiamo che oggi per ragioni commerciali, leggi Facebook, sta prendendo sempre più piede il termine Social Graph, una nuova definizione è benvenuta quando porta valore.

    Probabilmente lo sforzo di rendere più chiari al lettore del vostro documento gli obiettivi che avete in mente e il contesto di assunzioni da cui partite potrebbe essere d’aiuto anche a voi per rendere la vostra proposta di metodologia più fruibile.

    Comunque se nelle revisioni future della vostra metodologia voleste avere un riferimento solido rispetto a cui confrontarvi sulle social networking applications (sites è concettualmente sbagliato) vi consiglio di guardare la presentazione di Christina Wodtke: http://www.slideshare.net/cwodtke/designing-communities101507.

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  9. La scelta di inserire la definizione di sistema a sn all’interno dell’insieme più ampio dei social network è nata con il predecendete documento dove ritenevamo necessario mostrare come un punto di vista troppo “verticale” su questi oggetti di studio, analisi e progettazione rischiasse di diventare immediatemante settoriale e autolimitante.
    Uno dei concetti proposto era che si stava troppe volte “riscoprendo la ruota” da parte di informatici e designer che riscoprivano dinamiche psicologiche e sociali nel social networking ma note in altri settori (magari con una lunga tradizione).
    Il rischio che vediamo è una autoreferenzialità tra autori specifici che poco si presta proprio ad un oggetto così complesso e ancora in parte da comprendere come i sistemi a sn.

    Quindi, l’utilità di inserire anche una definizione come quella della Boyd (per noi corrispondente ai sistemi a sn del web) nel contesto più ampio delle reti sociali rende più facile l’inserimento e contaminazione di altre discipline sull’utente in quanto sistema sociale e psicologico. Crediamo sia da incrementare la competenza su questo versante dell’interazione.

    Riguardo all’interazione, riprendo un tuo commento precedente: “Non ho mai visto una figura ad alto valore simbolico che catturasse l’idea di HCI con un gruppo di persone che interagiscono tra di loro supportate dalla macchina”. Crediamo che sia una strada da percorre integrando anche i fattori emotivi, motivazionali che sottendono determinati ambiti, comportamenti e stili di interazione.

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